Veneto, prov. di Belluno, comune Val Di Zoldo
Una premessa riguardante la storia dello zoldano è doverosa. Le prime frequentazioni note delle Dolomiti bellunesi si attestano attorno al 5500 a.c. e sono confermate dalla scoperta dell’uomo di Mondeval in val Fiorentina (sepoltura mesolitica). Per lo zoldano, valle limitrofa a Mondeval, il primo documento storico è una bolla papale di Lucio III del 1185 d.c. dove si attesta la presenza della chiesa di San Floriano in Pieve di Zoldo. Per tanto, a parte delle iscrizioni di confine romane rinvenute sul monte Civetta, vi è un buco storico di 6600 anni. Le uniche fonti certe pervenutemi finora sono delle piccole pubblicazioni locali: le ricerche di mio nonno Cesare Lazzarin ed il diario di pubblicazione postuma del mio avo Luigi Lazzarin (1891-1915) in cui sono trascritte informazioni ottenute dallo studio di molte pergamene conservate in archivi privati. In particolare modo si è potuto avvalere dell’archivio di famigliau Una ricca raccolta di 115 pergamene, di un imprecisato numero di carte e di antiche pubblicazioni a stampa di carattere locale. Purtroppo questa documentazione è andata perduta nel 1917 e non è più consultabile.
Secondo tali scritti, i primi abitanti conosciuti dell’alto bellunese furono i Taurisci, popolazione di origine celtica che Plinio il vecchio identificava come Norici. Sempre secondo la memoria storica, la prima menzione della valle, appellata col nome di Zaurnia, e della sua rocca si ha nel 14 a.c.. Tale data va ad allinearsi con la sottomissione pacifica del regno Norico verso l’impero romano avvenuta 15 a.c..
L’oppidum verrà poi distrutto nel V° secolo d.c. durante l’invasione degli unni di Attila.
Come prova a livello culturale che vada ad attestare la presenza celtica in valle, vi è solo un proverbio dialettale che segue il corso del sole dal solstizio invernale fino al giorno di S. Biagio (3 febbraio) vicinissimo all’imbolc, festività celtica che veniva festeggiata il 2 febbraio, esattamente a metà fra solstizio ed equinozio.
Il proverbio in dialettale
A nadal na pedega de an gal a natale il piede di un gallo
A pascheta na mezoreta all’epifania una mezzoretta
A San Biasio an ora quasio a san Biagio quasi un’ora
In altre zone della provincia si celebra ancora il rito del brusa la popa/vegia, ovvero la festività celtica che si svolgeva a primavera. E’ da presupporre che tale usanza fosse praticata, in tempi passati, anche nello zoldano.
Tenendo conto di questi dati ho condotto un’indagine superficiale atta ad identificare il luogo dove sorgesse l’insediamento fortificato. Passeggiando nel prato detto campagna ed ubicato fra le frazioni di Campo e Sommariva, ho constatato la presenza di uno zoccolo di terra con andamento circolare. Questa zona, anche per la conformazione orografica della valle, si è rilevata idonea ad ospitare l’insediamento celtico. La zona presenta il toponimo giusto (Campo), risulta essere sopra elevata rispetto al fondo valle, domina le principali vie di comunicazione, ed è delimitata a sud dal principale corso d’acqua della valle, il torrente Maè, ad est ed ovest dagli affluenti Mareson e Rù Gavo che vanno a delimitare e proteggere l’area abitativa. In zona vi è pure un piccolo ruscello che può esser servito come approvvigionamento idrico dell’insediamento.
A questo punto ho eseguito un rilevamento satellitare atto a verificare la tesi; dallo studio eseguito, oltre alla cinta difensiva, è emersa anche la strada d’accesso alla fortificazione, in quanto Le differenze di colorazione della vegetazione erbosa vanno ad indicare un cattivo drenaggio dell’acqua, indicano la presenza di manufatti nel sottosuolo. Elemento, questo, che evidenzia la possibilità che tale via di comunicazione fosse lastricata, quindi di probabile età romana.
Nelle immediate vicinanze del sito è presente il toponimo “incrocio del tolp” termine di dubbia origine (forse norica?) che, in dialetto, va ad indicare un palo o un cippo confinario. Tenendo conto che un toponimo simile è presente pure in prossimità del monte Spiz Zuel, ovvero la forcella del tolp, ipotizzo reperti norici nel raggio di 1500 metri in linea d’aria dal tale valico.
Immagine satellitare del sito Coordinate: 46°20’52.36” N 12°11’02.04” E
Ricostruzione del paleopaesaggio della zona
Prendendo in considerazione gli indizi sopra esposti, la tesi oppidum risulta essere accettabile. Ma da soli, senza ulteriori prove, non bastano. Infatti dove c’è un insediamento ci deve esserci pure la necropoli. Essa deve, per forza di cose, essere ubicata aldilà di un corso d’acqua in quanto funge da confine fra città dei vivi e città dei morti.
A questo riguardo bisogna fare un passo indietro nel tempo. Negli anni 70, sulla strada che da Forno di Zoldo conduce al paese di Dont, sono stati eseguiti dei lavori di ampliamento stradale. All’altezza dell’abitato di Sottolerive, dalla scarpata, è emerso il coperchio di un’urna cineraria (purtroppo il reperto è rimasto in mano ai proprietari della ditta che si occupò di tale appalto, quindi non è possibile prenderne visione). Sapendo questo ho fatto una breve ricognizione del prato in località Astragal che è sovrastante alla zona dei lavori eseguiti. Sul prato si possono notare un muretto e due buche riconducibili a tombe.
Immagine satellitare che evidenzia oppidum e necropoli
Immagine del sito di Astragal. Coordinate: 46°20’53.56” N 12°10’15.81” E
Tenendo conto che dallo studio superficiale effettuato sono visibili solo le due buche, dall’analisi satellitare effettuati del sito sono emerse alcune cose molto interessanti. In Primo luogo le elaborazioni delle immagini evidenziano una notevole disomogeneità della vegetazione erbosa e, tenendo conto delle tracce riscontrabili sul campo, fanno intuire la possibile presenza di tombe intatte.
immagine satellitare del sito. Zoomando è possibile vedere solo una delle tombe scavate in quanto l’altra è coperta dall’ombra degli alberi.
la disomogeneità del sito è ben visibile
Esasperando la saturazione la disomogeneità del sito evidenzia almeno due possibili tombe non scavate
In secondo luogo si può notare, oltre al fatto che le sepolture siano allineate esattamente sul meridiano, anche la presenza di un quadrato di circa dieci metri di lato le cui diagonali sono allineate ai tramonti solstiziali. Per quanto riguarda l’allineamento al tramonto solstiziale invernale viene a verificarsi un tramonto doppio nella forcella detta Vant de le forzele
Gli allineamenti della necropoli
Tramonto al solstizio invernale in cui si verifica un tramonto invernale
Tramonto al solstizio estivo
Calcolo statistico degli azimut:
[0,1(51,86/24,62)] /180=0,00117
[0,1(51,86/24,67)] /180=0,00116
Gli elementi che avvalorano la presenza di un insediamento celtico, come si può notare, ci sono tutti ed è, dunque, auspicabile una campagna di scavi archeologici nelle zone indicate.
Nell'area dell'oppidum Luigi Lazzarin, nei suoi scritti, pone pure l'esistenza di un castello medievale esistente a cavallo fra X° e XIV° secolo: il castello Summarippa (o ssommariva); conquistato e probabilmente distrutto d Cangrande Della Scala nel 1321 a seguito di una probabile insurrezione popolare. Infatti il castellano, tale Bittino Summarippa, venne dichiarato ribelle. Immagini satellitari evidenziano la struttura.
anomalia riconducibile ad una fortificazione medievale
Probabile area ove sorgeva il castello Summarippa
Bibliografia
Note di storia zoldana (nelle memorie di Luigi Lazzarin) a cura di Floriano Pellegrini-Paolo Zammatteo-Silvano Zammatteo
Edito col patrocinio del Comune di Forno di Zoldo Luglio 2000
Valle di Zoldo (ricerche condotte da Cesare Lazzarin)
Pubblicazione indipendente 1981
C.M.Lerici I intoduzione alle prospezioni archeologiche COME HANNO ORIGINE E COME SI "VEDONO" LE TRACCE DI FORMAZIONI SEPOLTE fondazione C.M.Lerici Politecnico di milano
Adriano Gaspani Archeoastronomia satellitare tecniche moderneper il rilievo e lo studio dei siti archeologici di rilevanza astronomica